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martedì 3 gennaio 2012
Quantum Computer
PER CAPIRE la differenza tra un computer tradizionale e un computer quantistico possiamo usare una metafora. Da una parte abbiamo un elicottero per turisti, dall'altro un razzo per l'esplorazione spaziale. In un certo senso la funzione è la stessa, il volo, ma completamente diversi sono gli strumenti e gli intenti.
Ecco, un computer quantistico condivide con un computer normale la sua missione fondamentale - trattare ed elaborare le informazioni - ma lo fa sfruttando principi che nulla hanno a che fare con le macchine con cui oggi scriviamo, comunichiamo e navighiamo su internet.
Quantum bit vs bit.
Un quantum computer, infatti, utilizza direttamente fenomeni della meccanica quantistica (come la sovrapposizione e la correlazione di stati) per svolgere operazioni sui dati. Una macchina del genere usa i quantum bit (qubit) invece dei bit convenzionali con cui funzionano i computer di oggi.
A differenza dei classici bit, che possono assumere solo uno di due stati alla volta (0 oppure 1), i quantum bit possono assumere diversi stati allo stesso tempo, e quindi essere usati per conservare o processare molto più velocemente quantità di informazioni di gran lunga superiori.
Tutto ciò permette ai computer quantistici di svolgere calcoli complessi e simulazioni che le macchine odierne non sono in grado di realizzare.
Le origini.
Il concetto di computazione quantistica (quantum computing) è stato introdotto per la prima volta dal fisico americano Richard Feynman nel 1982.
Da allora la ricerca sul quantum computing non si è mai fermata, nella convinzione che, una volta superati tutti gli ostacoli che ne impediscono l'utilizzazione su larga scala, i benefici saranno tali da giustificare tutto questo certosino lavoro.
La definizione.
"Il computer quantistico è un nuovo paradigma in cui la computazione usa gli stati quantistici per svolgere determinati calcoli in modo molto, molto più veloce rispetto a qualsiasi computer che esiste al momento", ha spiegato Alberto Politi, il ricercatore che insieme ad altri colleghi del Centro di Fotonica Quantistica dell'Università di Bristol ha sviluppato il primo chip ottico programmabile basato sulla meccanica dei quanti.
"Lo svolgimento dei compiti avviene in modo totalmente diverso: invece di utilizzare il codice binario, usiamo dei quantum bit che possono essere in sovrapposizione di stati".
Più si aumenta il numero dei qubit, più aumenta la capacità di elaborazione in modo esponenziale.
A che punto siamo?
Il primo processore quantistico è stato costruito nel 2009 da un gruppo della Yale University.
Ciononostante, potrebbero volerci ancora dieci anni (se non di più) per avere una macchina davvero utile.
I primi algoritmi quantistici, infatti, hanno cercato di risolvere problemi molto semplici, utilizzando i cosiddetti "oracoli": servivano per dare risposte basilari, come "sì" e "no".
Tra questi elementi base del quantum computing, l'Università La Sapienza di Roma, il Politecnico di Milano e il CNR vantano la realizzazione di uno dei separatori di fotoni più avanzati 1 e uno dei primi "CNOT gate" per qubit, un elemento essenziale per la realizzazione di macchine più complesse 2.
Costruire un computer quantistico, d'altronde, non è certo impresa facile.
L'obiettivo generale è mantenere dimensioni relativamente piccole e superare lo scarto tra teoria e problemi pratici.
Tuttavia, una volta che questi impedimenti tecnici saranno spazzati via, i ricercatori ritengono che i computer quantistici saranno in grado di affrontare virtualmente qualsiasi quesito di password e crittografia, così come di realizzare simulazioni e disegni in una manciata di secondi che una macchina tradizionale non potrebbe mai svolgere.
Foto: I tre ricercatori italiani. Da sinistra: Mirko Lobino, Alberto Peruzzo e Alberto Politi
Fonte: repubblica.it
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